Nelle navate laterali si trovano alcuni monumenti funerari
e gruppi scultorei
che abbellirono la chiesa nei secoli successivi alla sua edificazione.
Nella navata laterale del Duomo di Cefalù prende posto una raffinata scultura rinascimentale raffigurante la Madonna con Bambino e realizzata nel 1533 da Antonello Gagini con la sua bottega. In marmo bianco e con decorazioni color oro, il gruppo scultoreo presenta i tratti tipici della scuola gaginesca: la dolcezza e la delicatezza dei volti, i panneggi fluenti e una marcata eleganza figurativa. Sul basamento è presente un bassorilievo con la dormitio della Vergine e sono effigiati i committenti dell’opera: Filippo Serio e la moglie. Antonello Gagini cresce a Palermo e si sposta a Messina dove, tra il 1498 e il 1507, aveva sede la sua florida bottega scultorea. Tornato a Palermo si afferma come uno dei maggiori scultori del Rinascimento siciliano, ottenendo prestigiose commissioni in tutta l’isola e in Calabria.
Nella campata centrale, la pavimentazione è realizzata con basole calcaree di colore chiaro e altre grigie provenienti da una cava posta su uno dei versanti della vicina Rocca. Questa pietra è chiamata Lumachella. Contrapposta ai colori sgargianti dei mosaici, la pavimentazione conferisce, grazie al colore scuro, un aspetto più maestoso severo. La lumachella, infatti, ideale per pavimentazioni, scalinate e basole, è una biolite con elevata concentrazione di gusci fossili.
costituito da elementi lapidei provenienti da cave diverse, tra le quali la lumachella estratta dalla Rocca di Cefalù.La navata centrale è definita, su ciascun lato, da una fila di otto colonne sormontate da archi ogivali su cui si eleva la muratura che ne delimita lo spazio superiore. Le colonne costituite da differenti marmi, come il granito e il cipollino, provengono da spolio di precedenti fabbriche di età classica.
Tra i capitelli
, alcuni di reimpiego, sono visibili pregevoli esemplari di scultura romanica.
Alla fine del Cinquecento, durante l’episcopato di Francesco Gonzaga
, la cattedrale fu oggetto di una radicale trasformazione rispetto alla precedente sistemazione liturgica.
In tale occasione, venne smembrato l’ ambone normanno
, che poggiava su sette colonne, Esso era stato realizzato secondo i canoni tradizionali, all’interno della settima campata del colonnato di destra. Al contempo, venne rimosso l’antico fonte battesimale
, presente sotto l’ambone e spostato sotto la prima campata dello stesso fronte.
Nella prima campata di destra del Duomo di Cefalù prende posto il fonte battesimale, in origine posto sotto l’ambone normanno. Il fonte battesimale è ricavato da un unico e maestoso blocco di calcare in lumachella, pietra proveniente dalla vicina rocca. E’ formato da una vasca circolare, esempio di scultura romanica, sul cui bordo presenta decorazioni scolpite con quattro leoncini che si identificano come i cuccioli dei leoni rappresentati nel basamento del candelabro. Il fonte battesimale, infatti, con il cero pasquale e l’ambone erano simbolo della Resurrezione di Cristo. Guardando nel dettaglio il fonte battesimale, e in particolare i leoncini, dal movimento delle code, si nota che due leoncini sono in movimento, perché non hanno ancora ricevuto il battesimo, mentre gli altri sono immobili. La vasca è retta da un sostegno-piedistallo della stessa pietra decorato con scanalature inclinate e convergenti su un collarino.
Le sette colonne dell’ambone, insieme all’ottava, su cui era posto il cero pasquale
, furono impiegate per sorreggere i due grandi organi battenti
collocati nei lati opposti, tra la settima e l’ottava colonna della navata centrale.
Nella prima campata di destra del Duomo di Cefalù prende posto il candelabro, nella cui parte terminale, la patera, si colloca il pasquale, utilizzato nelle funzioni della notte di Pasqua poiché simbolo della luce di Cristo che risorge e vince le tenebre. Il candelabro presenta il fusto a colonna, mentre il capitello istoriato è decorato con la raffigurazione di un aquila, nella parte rivolta verso i fedeli, e, nell’altro, una scena di combattimento tra uomini e sei galli, simbolo di vittoria. La patera, dove poggia il cero, è in pietra di lumachella, proveniente dalla vicina Rocca, e presenta decorazioni con tre sfingi che richiamano episodi dell’Esodo. Il candelabro è retto da un basamento in lumachella con la raffigurazione di una coppia di leoni, un maschio e una femmina: uno guarda in alto, verso l’aquila che funge da leggio, come intento ad ascoltare la Parola di Dio; l’altra verso il popolo dei fedeli che assiste alla liturgia.
Un particolare dipinto
, che rappresenta una interessante testimonianza storica, è visibile nell’ultima colonna a sinistra della navata centrale.
Nella colonna situata nel primo intercolunnio, nel lato nord della navata centrale, è presente un originale dipinto. La conservazione non è purtroppo ottimale ma il dipinto potrebbe essere databile tra 1145 e il 1148, ovvero gli anni della decorazione a mosaico del presbiterio, dal momento che lo stile è bizantineggiante. Vari studiosi si sono occupati dell’identificazione del personaggio rappresentato che si presenta seduto, con un ampio mantello, un collare gemmato e coronato da una tiara a tre corone e nell’atto di offrire una tavoletta con un due teste. Potrebbe essere una donna ovvero la Basilissa Irene, sposa dell’imperatore Giovanni II Comneno, raffigurata con corona e gioielli. In questo caso i due volti virili rappresenterebbero l’imperatore e il figlio Alessio. Altri studiosi spostano la datazione al 1300 e identificano il personaggio con Papa Urbano V che, appartenente all’ordine benedettino, spostò nuovamente la sede papale da Avignone a Roma. Il copricapo sarebbe così da identificare con la tiara a tre corone, tipico dei benedettini, e la tavoletta con le due teste con San Pietro e Paolo, ritrovate nella Basilica lateranense proprio da Urbano V. Un’ultima e suggestiva ipotesi vede in questo misterioso vescovo, la figura di San Cataldo, vescovo di Rachau e patrono di Taranto. La figura del Santo è presente anche nella Cappella Palatina e nel Duomo di Monreale.
Oggi, gli organi sono stati smontati per il loro restauro
e per recuperare, al contempo, le colonne da reinserire in un progetto finalizzato alla loro originaria destinazione.
La navata centrale è coperta da un prezioso soffitto ligneo risalente alla fine del XII secolo, decorato con pitture appartenenti alla tradizione medievale.
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Le trasformazioni nei secoli
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La cappella perduta
Iconografie duecentesche decorano il soffitto ligneo della navata centrale progettato con soluzioni inedite
MiC – Ministero della Cultura
Legge 77/2006 - Misure Speciali di Tutela e Fruizione dei Siti Italiani di Interesse Culturale, Paesaggistico e Ambientale, inseriti nella “Lista Del Patrimonio Mondiale”, posti sotto la Tutela dell’ UNESCO Regione Siciliana.
Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
Parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento.