Rivolgiamo il nostro sguardo verso l’ingresso settentrionale, che ci appare, fin da subito, di dimensioni più contenute e meno plastico rispetto a quello principale.
Le testimonianze della sua esistenza sono giunte fino a noi attraverso alcune disposizioni provenienti dal   
    Regio Visitatore Monsignore Francesco Vento
    
  
  
 che, nel 1542, a causa del visibile stato di decadenza in cui versava il portico, ne ordinò il rifacimento.
Le notizie inerenti alla sua originaria struttura non ci sono sopraggiunte nel corso di secoli, tanto da soffermare la nostra attenzione ad una data, il 1547, presumibile anno di costruzione del portico per ordine dell’arcivescovo cardinale   
    Alessandro Farnese
    
  
  
 su progetto di   
    Biagio Timpanella
    
  
  
.
Il frontespizio e gli undici archi sostenuti da dodici colonne slanciate, senza   
    entasi
    
  
  
, su cui poggiano capitelli affini all’  
    ordine corinzio
    
  
  
, ma privi delle volute angolari, vennero realizzati tra il 1547 e il 1562, ad opera di   
    Giovanni e Fazio Gagini
    
  
  
.
L’unitarietà visiva, contraddistinta dalla leggerezza, degli elementi decorativi che delimitano esteriormente il loggiato, viene interrotta, solo, dalle colonne dell’arcata centrale su cui risalta il colore più tenue della pietra e la presenza di   
    capitelli compositi
    
  
  
, quasi a voler invitare il fedele ad entrare nel cuore del Tempio. Numerosi sono i richiami che riconducono ad Alessandro Farnese, a partire dallo stemma marmoreo, visibile sopra l’arco centrale, eseguito da   
    Vincenzo Gagini
    
  
  
, fino a quelli singolarmente posti all’interno del portico su ogni lato minore.
L’architettura, che dispone di un’intrinseca armoniosa misura ed occupa l’area tra la torre campanaria ad ovest e il transetto ad est, fu descritta dal   
    Lello
    
  
  
, in un periodo riferibile agli ultimi anni del XVI secolo. L’insieme degli elementi che caratterizzano il portico non lo affiancano ai classici   
    canoni stilistici rinascimentali
    
  
  
, dai quali si distingue per la presenza di richiami agli   
    influssi culturali spagnoli
    
  
  
, che permeavano l’architettura palermitana del tardo Quattrocento e dei primi anni del Cinquecento. Meno pronunciata e plastica rispetto alla monumentale opera di Bonanno Pisano collocata nel portale principale, appare la porta bronzea eseguita poco dopo il 1186 da   
    Barisano da Trani
    
  
  
 e ornata da ventotto formelle a campi rettangolari con superfici cesellate a sbalzo.
La diffusione di questa tecnica artistica riscontrata anche in altri   
    edifici religiosi del sud Italia
    
  
  
, trova le sue origini nella tradizione romana di età imperiale e, a seguire, bizantina.