Alicudi

Alicudi, dove il tempo si è fermato

Vivere anche qualche giorno ad Alicudi è un’esperienza che rimane impressa per sempre nella memoria. Qui il tempo sembra essersi fermato. L’isola, con la sua particolare atmosfera, sembra raccontare la sua storia, fatta di saccheggi ed invasioni, una storia che ha visto il susseguirsi di popoli diversi e che ha avuto come fine la pace e la bellezza del luogo.

isola di Alicudi
L’isola di Alicudi. Essa è di colore verde, non intenso, a causa della brulla vegetazione. L’isola è di forma triangolare, sulla sinistra in basso, si vedono le case, di colore bianco; le costruzioni continuano fino a metà del fianco dell’isola.

Nel dopoguerra Alicudi era abitata da circa 600 persone, in gran parte emigrate poi verso l’Australia e il sud America; attualmente solo 100 residenti sono stanziali sull’isola, e non molti di più ne può ospitare durante i mesi estivi. Alicudi, l’isola dell’ Erica (Aericusa era l’antico nome), è un aspro isolotto molto ripido, in cui è presente un unico viottolo con scalini in pietra lavica che unisce tutte le case, i terreni da coltivare e qualsiasi altro luogo di interesse.EricaTale percorso parte dal livello del mare e sale fino alla cima del Monte Filo dell’Arpa a circa 675 metri.
Considerata l’assenza di strade carrabili, si può transitare solo a piedi o a dorso di mulo.
L’isola è abitata solo sul versante est, che digrada in modo meno aspro verso il mare.
L’unico centro abitato è chiamato anch’esso Alicudi e si divide in cinque piccole frazioni.
La zona del porto è il centro dell’isola: il tratto costiero del porto (un piccolo molo) ospita una spiaggia di ciottoli tipica dell’ambiente Eoliano.
Nel visitare l’isola è sempre consigliabile affidarsi alla guida di gente che conosce bene i sentieri. Inoltre, bisogna portare con sé sempre una torcia perché non esiste illuminazione pubblica.
Le case tradizionali hanno il tetto piano per la raccolta dell’acqua piovana, che viene convogliata in grandi cisterne poste di fianco e al disotto di esse.
Le camere, intercomunicanti e affiancate, si aprono su terrazzi con sedute in muratura (bissuoli) e tipiche colonne a tronco di cono (pulere), sulle quali si appoggiano le travi in legno dei pergolati, sostegno di viti ombreggianti. In molte case sono ancora sfruttati, per conservare gli alimenti, i “rifriggiraturi”, piccoli vani con una porticina, posti allo sbocco di cunicoli di comunicazione ipogea, da cui fuoriescono soffi d’aria alla temperatura costante di una decina di gradi.
Accanto alle abitazioni si trovano ancora numerose mànnare, costruzioni di pietre naturali a secco, a pianta circolare, coperte con falsa cupola, a cui si accede da bassi ingressi privi di serramento, con pavimento in terra battuta, destinate un tempo a ricovero di ovini.

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