La devozione perpetua delle benedettine

Lo scrittore Giovanni Verga (1840 – 1922) decise di andare a visitare una cugina che scelse di abbracciare la vita monastica.
Durante l’incontro, rimase particolarmente colpito dal distacco che si poneva tra loro, poiché le suore, che sedevano dietro alle grate delle finestre, avevano il volto celato e non facilmente distinguibile.
Questa separazione fisica e visiva ispirò Verga nella scrittura di uno dei più famosi romanzi, “Storia di una Capinera”, da cui poi negli anni Novanta del secolo scorso, il regista Franco Zeffirelli realizzò un film.
Le benedettine dell’adorazione perpetua, sono monache di clausura dedite all’adorazione eucaristica ininterrotta, che non prevede soste nel loro operato tra il giorno e la notte. Essa è finalizzata alla riparazione ed espiazione del peccato, che ha luogo attraverso “l’Ora et Labora”, la regola dell’ordine monastico, dettata anticamente da San Benedetto. Questa forma di adorazione, trova le sue origini in Francia, durante l’adolescenza di Luigi XIV, quando la sovrana Anna, regina di Francia e madre di Luigi, si rivolse ad una suora a lei cara affinché pregasse per proteggere la vita del figlio minacciata dalle fronde francesi.
La pratica di devozione, promossa dalla reale francese, a fini personali venne, in seguito, importata in Sicilia dall’arcivescovo Francica di Bondifè, durante la seconda metà dell’800.