Cristo Pantocratore

Ieratico e solenne, il Cristo Pantocratore della cupola della Cappella Palatina è raffigurato entro un tondo, circondato da una schiera di angeli e arcangeli e, come uno scrigno di luce divina, emana luce.
Il Pantocratore, dal greco dominatore di tutte le cose, con la mano destra benedice i fedeli: le due dita arcuate simboleggiano la doppia natura di Cristo, quella divina e quella terrena, mentre le altre tre, unite, sono allegoria della Trinità.
Questa posa della mano veniva utilizzata anche in epoca antica dagli imperatori romani quando chiedevano il silenzio. Con la mano sinistra tiene saldo il Vangelo. Nella cupola il volume è chiuso e riccamente decorato, mentre solitamente ha una pagina aperta, sia in greco che in latino, che riporta la frase “Io sono la luce del mondo, chi mi segue non vivrà nelle tenebre”.
Il Cristo Pantocratore, maestoso e con lo sguardo severo ma benevolo, si presenta coronato di un nimbo crociato a ricordare il suo sacrificio, ha i capelli lunghi e fluenti e l’incarnato roseo.
Il Cristo Pantocratore è l’onnipotente, il Re dei Re, ha l’abito dorato simbolo della divinità e il manto blu simbolo dell’umanità. L’iconografia, di classica derivazione bizantina, si ritrova spesso nel medio oriente cristiano, ed è diffusa in tutto il meridione d’Italia in affreschi mentre in Sicilia è stato mosaicato a Monreale, Cefalù e Palermo.
Cristo è immerso in un cielo dorato e luminoso, uno scrigno di luce a cui ogni fedele, una volta entrato nella Cattedrale, si accosta in questo cammino verso la Salvezza.
Sul tamburo quadrato alla base della cupola corre l’iscrizione: “Fra gli imperatori dei tempi antichi, alcuni hanno eretto diversi santuari per i santi, ma io, Ruggero, re scettropossente, (ho eretto un tempio) a Pietro, il primo scelto fra i discepoli dal Signore, il pastore capo e la guida in cui Cristo ha stabilito la Chiesa, che lui stesso ha reso salda per mezzo del miracoloso spargimento del (Suo) sangue […] nella [sesta] indizione, con precisione essendo trascorsi cinquanta anni più uno, contando che insieme a questi ne siano passati seimila e seicento”.